Sufferings in Africa racconta la storia del capitano James Riley e dei suoi compagni che naufragarono lungo le coste dell’Africa sahariana nell’agosto del 1815 e che furono catturati e fatti schiavi da tribù nomadi del deserto. Quando uscì il libro ebbe grande successo. Era famoso. Nel 1860 Lincoln, il famoso presidente americano, quello della guerra civile che poi assassinarono, elencò questo libro insieme alla Bibbia e ad alcuni altri come i libri che lo influenzarono di più politicamente. Il titolo originale era “Authentic Narrative of the Loss of the American Brig Commerce”… “Sufferings in Africa” è il titolo moderno. Che fa pena pure questo, ma almeno è meglio dell’originale. Oggigiorno il libro è poco conosciuto anche in America. Stranamente, perché è molto interessante, molto bello. Ben scritto pure, considerando che il capitano James Riley faceva appunto il capitano di una nave commerciale, non lo scrittore. Ma dalla storia si capisce che era un tipo intelligente.
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Sofferenze e schiavitù in Africa
Per via del fatto che si legge come un romanzo, non vorrei spoilerare troppo. Anche se a grandi linee la storia è ovvia. Naufragano nel Sahara e poi ovviamente almeno Riley riesce a tornare perché altrimenti non avrebbe poi scritto il libro con la storia. Però non voglio raccontare troppo e invito a leggere il libro. La storia è affascinante, con una miriade di dettagli, del tipo che solo uno che c’è stato e l’ha vissuto davvero può sapere una cosa del genere. Ad esempio, ad un certo punto cercano di tenere conto del tempo che passa, ma non hanno carta, non hanno nulla. Quindi tengono il conto dei giorni segnandoseli sulla pelle della gamba con le spine acuminate dei cespugli del deserto.
Estratto da Sufferings in Africa
“Quel giorno eravamo avanzati lungo la costa non più di quattro miglia, con tutti gli sforzi di cui eravamo capaci, senza che la nostra situazione cambiasse per il meglio, mentre le nostre forze continuavano a diminuire, e nulla era successo per riaccendere le nostre speranze. Vedemmo, tra le rocce accidentate, varie locuste, che pensammo fossero cavallette, e arrivammo alla conclusione che avessimo potuto raggiungere la cima della scogliera, avremmo trovato erba, almeno per nutrirci. Queste locuste erano morte e si sbriciolavano al minimo tocco. […] Pensavamo anche che saremmo stati in grado, se avessimo raggiunto una spiaggia, di trovare acqua bevibile, scavando nella sabbia fino al livello del mare, e lasciando filtrare l’acqua nel buco.”
“Dopo aver scavato varie buche e non avendo trovato sotto la sabbia altro che roccia asciutta invece che acqua, scelsi un punto per il nostro ultimo tentativo; e mentre gli altri scavavano, dissi loro che avrei cercato di arrampicarmi sopra la scogliera, e se avessi avuto successo sarei tornato con notizie. La scogliera in quel punto saliva ripida, ma in alcuni punti la pendenza permetteva a un uomo di arrampicarsi. Salii nella speranza di trovare qualcosa di verde che ci aiutasse a placare la nostra sete ardente, e qualche albero che potesse ripararci dalle fiamme brucianti del sole; ma quanta fu la mia sorpresa quando arrivai nel luogo che tanto desideravo e scoprii che era un altipiano deserto che si estendeva finché l’occhio poteva vedere in tutte le direzioni, senza un albero, un cespuglio o un filo d’erba, che potesse dare il più piccolo sollievo alle nostre esistenze. Mi ero affaticato all’estremo per riuscire ad arrivare fin lì e quella vista tetra era più di quel che potevo sopportare; il mio spirito cedette dentro di me e caddi a terra privo di ogni sensazione.”
“La disperazione prese il sopravvento, e decisi di gettarmi in mare non appena lo avessi raggiunto, e mettere fine alla mia vita e alle mie miserie. Ma quando un momento dopo riflettei che c’erano altre dieci creature mie compagne sulla spiaggia, che contavano su di me come esempio di coraggio e forza d’animo, e per le quali mi sentivo in dovere di continuare i miei sforzi, che avrebbero potuto ricevere la grazia del successo; e che nel momento in cui pensavo che il sollievo era lontano da me, magari era invece molto vicino; e quando il mio pensiero andò a mia moglie e ai miei figli, provai una sorta di convinzione dentro di me, che dopo tale segnale di salvezza non saremmo periti.”
“Anche se li avevo avvisati, la vista della distesa arida che trovarono in cima alla salita ebbe un tale effetto sui loro sensi che si accasciarono a terra. E mentre guardavano il deserto secco e monotono di un’estensione incommensurabile […] la poca umidità che era rimasta in noi traboccò dai nostri occhi. Ma mentre le lacrime salate scivolavano giù dalle nostre guance smunte e consumate, con piacere le catturavamo con le dita e le portavamo alle labbra, perché non venissero perse, e servissero a inumidire le nostre lingue, che erano secche quasi come cuoio e così rigide che con difficoltà riuscivamo ad articolare una frase e capirci. […] Ci procurammo dopo un gran lavoro scavando con bastoni portati dalla barca e con l’aiuto di sassi alcune radici, grandi quando il dito di un uomo. Erano molto secche, ma il sapore assomigliava a quello del sedano. Non potemmo procurarcene a sufficienza perché potesse essere di reale aiuto, per via della scarsità e della durezza del suolo; ma verso il tramonto scoprimmo, in una piccola macchia di sabbia, le impronte di un cammello, e di un uomo.”
“Nella convinzione date le nostre emozioni del momento che non saremmo potuti sopravvivere un altro giorno senza acqua, e senza speranze di trovarne, l’ultimo raggio di speranza scomparve, e le tenebre della disperazione che da tempo erano entrate nei nostri cuori, adesso divennero visibili in ogni nostra espressione. Dopo il tramonto, a una distanza considerevole, forse tre o quattro miglia, vedemmo un’altra macchia di sabbia, e spinsi me stesso avanti più in fretta che potevo, nella speranza di riposarmi dormendo sulla sabbia, visto che il terreno su cui eravamo era duro come la roccia e coperto di piccole pietrisco aguzzo. Stavo incoraggiando gli uomini a seguirmi quando Clark mi implorò di guardare verso la sabbia dicendo “Credo di vedere una luce!”. Era la luce di un fuoco! Gioia. Eccitato in tutte le mie vene come una scintilla elettrica, la speranza era risorta in me.”
“Dissi ai compagni che dovevamo approcciarci ai nativi, che certamente si erano accampati per la notte, con grande attenzione, per non allarmarli, e non cadere vittime della loro furia nella confusione che la nostra improvvisa apparizione nella notte avrebbe portato. Nuova vita e spirito rinacquero in tutti gli uomini e presto raggiungemmo i margini spezzati della scogliera, da cui discendemmo con attenzione tra le rocce per un centinaio di metri fino a un punto sabbioso vicino alla base. Qui ci sdraiammo per la notte, dove aver implorato la protezione di Dio Onnipotente, e dopo averci bagnato la bocca con le poche gocce rimaste nelle bottiglie.”
“La sabbia su cui ci sdraiamo era stata tanto scaldata dai raggi dal sole che sarebbe stato possibile cuocerci un uovo. Raschiammo via due spanne di sabbia superficiale e, trovando il calore un po’ più sopportabile, con la brezza fresca della notte, ed essendo tutti estremamente affaticati, si dimenticarono presto delle loro sofferenze e sprofondarono tra le braccia del sonno, a parte me. Perché la mia mente era agitata da speranze, paure e riflessioni, e rimasi insonne per tutta quella lunga e terribile notte. Decisi, non appena si fosse fatto giorno, di mostrarci ai nativi, e consegnarci alla morte o alla vita per mano loro. Non avevo dubbi che fossero arabi che ci avrebbero fatto schiavi. E, anche se non mi aspettavo di sopravvivere a lungo in quelle condizioni, pensai che alcuni dei miei compagni avrebbero potuto farcela, e che fosse il volere della Provvidenza che ci aveva posto di fronte quella alternativa. Non sentivo più paura della morte, perché avrebbe posto fine alle mie sofferenze: la sete era diventata così insopportabile che mi era difficile respirare, e pensai che avrei dato la vita per un ruscello d’acqua dolce.”
Scheletri nello Zahara di Dean King
C’è un altro libro che ho letto in pezzi subito dopo questo, ed è Skeletons on the Zahara di Dean King che ha semplicemente preso Sufferings in Africa del capitano Riley e un altro libro scritto da Archibald Robbins, un altro dei marinai che riuscirono a tornare a casa. Dopo essere fatti schiavi vengono divisi. E il libro di Archibald Robbins racconta, almeno in parte, del destino di altri marinai dei quali il capitano Riley non fa più menzione. Skeletons on the Zahara mette insieme le due storie. Francamente, l’originale di Riley è migliore come lettura. Semplicemente perché è effettivamente scritto bene, molto vivido e pieno di dettagli, e non c’è filtro tra Riley e te. Il libro di Dean King finisce per mettere più distanza e suona meno genuino. Ovviamente, riscrive una storia che non aveva bisogno di essere riscritta, bastava fare copia incolla. Però ha il merito di mettere tutto insieme, e quindi hai un po’ tutta la storia per intero.
La schiavitù in Africa e la libertà attraverso Sidi Hamet
Una storia secondaria sono anche le vicende di Sidi Hamet e il suo maligno fratello, due arabi che commerciano in piume di struzzo, e che comprano Riley e alcuni dei suoi compagni dopo essere stati convinti da Riley che riceveranno una grande somma di denaro di ricompensa se porteranno Riley fino alla città più vicina. Vicina si fa per dire, devono attraversare il deserto per arrivarci, con predoni, sete e tutto il resto. La città in questione è l’odierna Essaouiria. La loro storia è interessante perché fanno viaggi con le carovane del deserto e descrive una carovana che va male e viene quasi completamente distrutta. Descrive predoni del deserto armati di pietre. Arrivano fino a Timbuctù e poi commerciano lungo il fiume Niger per poi ritornare a casa in quello che è l’attuale Marocco. E poi sono loro che dopo aver portato Riley fino ad Essaouiria tornano indietro per andare a cercare i suoi compagni rimasti indietro, sicuramente per avere altro denaro, ma forse anche un po’ per toglierli dalla situazione disperata. Chissà, non c’è molta compassione e gentilezza in questa storia. Ma proprio per questo dove c’è si nota.
Spoiler: Sidi Hamet e il fratello non torneranno più a Essaouria. Dopo aver mantenuto la parola e aver trovato altri compagni di Riley, tra cui Robbins, sulla strada verso Essaouria vengono uccisi a colpi di pietra dai predoni.
Quel che resta e il film sulla storia
Non ci sono molte descrizioni di luoghi che esistono ancora oggi, anche perché la maggior parte della storia si svolge nel mezzo del deserto. Ma il deserto lo si può vedere in immagini, si può vedere in che luoghi è passato e c’è chi ha fatto il lavoro di mappare il percorso che Riley fece. Riley a un certo punto descrive una fortezza e dice che aveva le tegole verdi. E quando Dean King andò per fare ricerche la fortezza era rovine, ma in quello che rimaneva del tetto c’erano ancora le tegole verdi. Proprio in quel punto era passato Riley con i compagni, ormai vicino alla salvezza, due secoli fa.
Lessi che anni fa a un certo punto volevano farci un film con Russell Crowe, poi non ne hanno fatto nulla sembra per via di una disputa di diritti con Dean King. Che se è quello il motivo è super idiota. Voglio dire, non è che Dean King si è inventato niente. Mica è sua la storia. Voglio dire, Dean King a letteralmente riscritto due libri che i diretti interessati avevano scritto e li ha messi insieme e s’è fatto un viaggio nel Sahara per vedere i posti, e basta. Va’ a capire. Sarebbe stato un ottimo film con Russell Crowe degli anni 2000. Adesso dovrebbe perlomeno buttar giù un po’ di chili. Peccato, alla fine da queste dispute non vince nessuno.
Leggere Sufferings in Africa
In Italia Sufferings in Africa non è mai stato conosciuto, non so neanche se sia mai stato tradotto. Io una traduzione non l’ho trovata. E neppure Skeletons in the Zahara è stato tradotto. Skeletons in the Zahara si trova su Amazon in inglese. Anche Sufferings in Africa c’è in vendita, ma essendo stato pubblicato oltre due secoli fa… fa impressione il tempo che passa, la distanza nel tempo tra noi e quelle persone, dopo aver letto la loro storia, comunque… non è più sotto copyright. Quindi puoi scaricarlo aggratis da archive.org
Insisto che merita la lettura. La gente non legge molti libri come questi. Alla fine, uno tende a leggere quelli famosi, i bestseller, quelli che trovi in libreria. Io questo l’ho letto perché stavo facendo ricerca per un progetto. In un altro episodio, il numero 7 del podcast, ho parlato di un altro libro interessante, anche questo proprio un libro dall’ignoto, sull’esplorazione del fiume Niger a fine ‘800. Tra i due Sufferings in Africa è più bello da leggere perché è più personale, legge più come un romanzo. L’episodio del podcast è #7 Esplorazione dell’Africa a fine ‘800 – Tuareg, amuleti e rane meccaniche. Lo puoi ascoltare su Spotify su Google, oppure qui:
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