“Sacred Knowledge” è un libro sugli psichedelici di William A. Richards, studioso alla Johns Hopkins.
Questo libro sugli psichedelici parla di ricerca scientifica, ma va anche oltre…
Ciò che hai visto non puoi dimenticare di aver visto. Una volta che i tuoi occhi si sono aperti a una realtà, non puoi più ignorarla. Puoi non parlarne, puoi mentire al riguardo, ma non puoi cancellare la presenza di quella verità all’interno di te. Che cosa puoi è la verità e cosa tu percepisci essere la verità è una questione diversa e merita discussione. Ciò che credi vero non è necessariamente tale, ovviamente. L’idea che tu sappia già tutto è ridicola. La domanda è solo dove sei in errore e di quanto.
Farsi domande e guardarsi intorno senza legare la concezione di sé ad alcuna idee o ideologia è l’unica cosa che puoi fare per continuare ad avere gli occhi aperti e riuscire a vedere cose nuove. Una volta che vedi una cosa nuova, per quanto diversa da quello che credevi essere vero, non puoi più far finta di niente.
Un libro sugli psichedelici, tra scienza e spiritualità
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Ricerca sugli psichedelici alla Johns Hopkins
Ci sono mondi interi là fuori da conosce ed esplorare di cui non sai nulla e che sono concezioni e immagini inimmaginabili adesso. Ma una volta che li hai visti non puoi dimenticarli. Uno di questi mondi, per così dire, è il mondo che si apre attraverso stati della coscienza diversi dal solito. Può capitare per ragioni diverse, una è l’utilizzo di una sostanza psichedelica.
L’aver ascoltato alcuni podcast in cui erano ospiti ricercatori che si occupano di psichedelici, mi ha portato a leggere “Sacred Knowledge” di William A. Richards, che ha fatto ricerca sugli psichedelici già a partire dagli anni ’60 e adesso opera alla Johns Hopkins. Gli studi riguardano l’utilizzo di psichedelici per la cura di disordini post traumatici, depressione e dipendenze. La ricerca è soprattutto la psilocibina, che è il principio attivo dei “funghetti magici”, Psylocibe cubensis è la specie più famosa, da noi cresce naturalmente la lancealata, ma ci sono pubblicazioni estremamente promettenti anche su altri psichedelici.
Oltre la ricerca, oltre l’ordine
Gli sforzi di oggi sugli psichedelici sono fornire le prove scientifiche nella maniera più rigorosa possibile che gli psichedelici hanno qualità positive e che utilizzati correttamente possono aiutare le persone a superare i loro problemi.
L’utilizzo clinico rappresenta la porta verso il riconoscimento positivo degli psichedelici e la porta verso la legalità del loro uso. Questo libro parla delle ricerche che vengono fatte, ma in verità questi non sono che argomenti superficiali rispetto a quello che davvero succede durante un’esperienza del genere, quando viene organizzata e preparata correttamente. Il libro punta il dito a questo mondo che si apre, un mondo spirituale e religioso con una profondità che non possibile descrivere a parole. Queste esperienze sono rare, limitate a stati della coscienza che durano poco, e non abbiamo sviluppato perciò le parole, talvolta neppure i concetti per esprimere quello che si sperimenta.
Le parole in un libro sugli psichedelici
Nel libro a un certo dice che ogni parola che cerca di descrivere un’esperienza psichedelica è una bugia. Il linguaggio sottintende il concetto di “tempo” e di “io” attraverso il verbo e il soggetto, ma in esperienze psichedeliche ad alti dosaggi non esiste il tempo, non esiste il dove e si arriva alla dissoluzione dell'”io”.
Non abbiamo il concetto, figuriamoci le parole per descrivere questo. Al sentimento e agli occhi però, tutto questo pare più vero del vero. Le parole, alla meglio, riescono a ricordare alla persona la sua esperienza, ma non riescono ad esprimerla ad altri se non come un vago riflesso che raramente riesce anche sono in minima parte a descriverne la forza e l’intensità. Ma certo questa resta nella mente di chi ha provato quest’esperienza per sempre. In uno di questi studi, 2 su 3 partecipanti hanno descritto l’esperienza come una delle 5 più importanti esperienze della loro vita, sullo stesso livello della nascita di un figlio o la perdita di una persona cara.
Gli psichedelici nell’uso sciamanico e sacro
Sono le limitazioni del linguaggio a descrivere le forme mistiche della coscienza, incontri con un livello della realtà che possono senza esagerazione essere considerate “sacre”.
Non stupisce che in molte culture l’utilizzo di psichedelici è strettamente legato al sacro attraverso rituali e sciamani. Tanto che l’assunzione di uno psichedelico, che sia psilocibina o ayahuasca, è meglio descritto come il ricevere un sacramento.
Questa è la definizione più corretta e quella che in questo libro non solo spesso viene usata, ma che suona più giusta. Non solo per ciò che gli occhi vedono “di là” e che non possono dimenticare, ma anche per la cura, l’attenzione e il rispetto con cui le persone dovrebbero approcciarsi a queste sostanze, proprio come fossero dei sacramenti. Al di là delle questioni legali, che non sono da poco nella pratica, ma nel loro utilizzo corretto. Nella preparazione e poi nell’integrazione dell’esperienza nella propria vita.
Verso lo sconosciuto, verso il caos
Nulla che sia fortemente significativo, e cosa può esserlo di più che il sacro, ciò che viene trovato a contatto con “Essere”, E maiuscola? Ciò che mostra lo spirituale, il sacro, è necessariamente potente e, dunque, non può e non deve essere approcciato con superficialità “per divertirsi”.
Nei rituali tradizionali ad esempio, il digiuno e la preghiera sono spesso parte del processo e non solo per questioni pratiche. La mente deve prepararsi, il sacrificio deve essere fatto. Il rispetto per la sacralità del momento viene ignorato a proprio rischio e pericolo.
L’accettazione del caos, l’abbandono dell’ego
Sembra evidente che lì sei a contatto con qualcosa di molto più grande di te. In uno dei racconti delle esperienze avute durante uno degli studi, Richards racconta di un giovane studente di teologia che esclamò, quando gli effetti stavano svanendo “ce l’ho fatta!”
Venne fuori che durante l’intera sessione era immerso in un vortice che lo tirava verso le profondità dell’oceano e invece di lasciarsi andare e lasciarsi condurre nelle profondità dell’Io e dell’Essere, aveva combattuto il processo nuotando per rimanere in superficie. Ciò che aveva protetto era il suo ego, ciò che aveva perso era l’opportunità di scoprire ciò che lo aspettava nelle profondità della propria mente e nelle profondità dell’Essere.
Non tutti forse sono pronti a vedere, non tutti vogliono vedere. La distruzione di una convinzione, il vedere in faccia il mostro, la scoperta di qualcosa di meraviglioso e sacro, necessità l’abbandono del controllo, necessita fiducia. Non puoi toglierti dalla mente ciò che hai visto una volta che l’hai visto. E allora forse è meglio non vede”re.
Conclusione su “Conoscenza sacra”, libro sugli psichedelici
Questo libro è un peculiare miscuglio di ricerca scientifica e considerazioni sul sacro e il mistico. E mi ha fatto venire in mente che non è saggio definire “scientifico” tutto ciò che è avulso dal sacro e dal mistico. Sembra una buona idea fintantoché tieni gli occhi chiusi, quando li apri, sembra la altezzosa determinazione a ignorare il bene più grande, ciò che definisce l’umano e che le parole non riescono a descrivere.
Non è un libro che consiglierei a tutti. “Rispettoso coraggio e curiosità” è l’approccio forse corretto verso gli psichedelici, e forse anche verso questo libro. Io ci sono arrivata piano piano, partendo da altezzosa arroganza e spostandomi passo per passo verso questo sentimento di meraviglia, curiosità e rispetto verso qualcosa, qualcosa che c’è lì. Qualcosa che c’è ovunque e sempre. Qualcuno lo chiama Dio, qualcuno Destino, qualcuno Simulazione, qualcuno Grande Madre. Non importa. Se hai interesse spirituale, di esplorazione personale o genuino spirito scientifico allora sì. Il libro è Sacred Knowledge di William A. Richards. Non mi sembra che esista un’edizione italiana.
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